È il lungo rettifilo promosso da papa Giulio II della Rovere nel 1508, realizzato
per collegare la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a Ponte Sisto e quindi,
mediante il quale, il centro della città con Trastevere ed il Vaticano, creando
un percorso alternativo a via della Lungara.
Via
giulia rientra nel primo tratto nel rione Ponte e, nel secondo, e nel secondo,
quello cioè più prossimo, a ponte Sisto, nel rione Regola. La ricostruzione del
ponte voluta da Papa Sisto IV in occasione del Giubileo del 1475, testimonia il
vivacissimo momento culturale che la città viveva alla fine del secolo. Nel
tessuto urbano sviluppatosi entro l’ansa sinistra del Tevere vennero tracciati
o ricostruiti gli assi di collegamento fra i grandi nodi amministrativi e
religiosi fra i quali via Giulia assunse un ruolo di primo piano come perno
della riorganizzazione urbana voluta da Giulio II: il ponte, edificato sulle
spoglie di un più antico ponte romano, e la nuova strada garantivano un doppio
importantissimo legame fra il Vaticano ed il centro della città, punti
obbligati di incontri e luoghi ferventi di vita. Via Giulia rappresentava il
collegamento diretto con il “Quartiere dei Banchi”. Papa Giulio II volle
accrescere ancora di più il ruolo di fulcro urbano di via Giulia facendovi
erigere il maestoso palazzo dei Tribunali della Curia. I lavori rimasti
incompiuti, furono affidati al Bramante nel 1508. Su via Giulia, che ancora
oggi è una delle strade più eleganti della Capitale, i membri di aristocratiche
famiglie fecero edificare le proprie prestigiose residenze. Sotto il Papa Leone
X si diede l’avvio alla costruzione della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini
e qualche anno dopo Papa Paolo III fece aprire via Paola, creando così
definitivamente il collegamento con Piazza di Ponte.
La
prima significativa fabbrica, posta proprio all’inizio della strada e
raccordata alla stessa dalla piccola piazza dell’Oro è la chiesa dei fiorentini
residenti a Roma intitolata a San Giovanni Battista. Esistente fin dal XI
secolo con il titolo di San Pantaleo, alla fine del quattrocento la chiesa fu
concessa alla Compagnia della Pietà che, nel 1508, ottenne da Giulio II il
permesso di edificare un nuovo tempio. Undici anni dopo Jacopo Sansovino vinse
il concorso bandito per la costruzione, salvo essere sostituito subito dopo da
Antonio da Sangallo il Giovane. Dopo una prima interruzione i due architetti
ripresero insieme i lavori, per poi bloccarsi nuovamente a causa del sacco di
Roma del 1527. Fu solo alla fine del cinquecento che la costruzione potè
continuare sotto la direzione di Giacomo della Porta che, seguendo il disegno
sangallesco, mise a punto le navate interne. Ai primi del secolo successivo
subentrò Carlo Maderno, autore del transetto, della volta interna a botte e
della cupola stretta e lunga chiamata dal popolo “confetto succhiato”. La
facciata fu realizzata nel 1734 da Alessandro Galilei. All’interno si dispiega
una vera e propria antologia dell’arte romana, fra cui spiccano i nomi del
Bernini, Algardi e Borromini. Più in là, sempre lungo questa via al numero 82
si incontra una delle più importanti costruzioni dell’edilizia rinascimentale
caratterizzata da finestre arcuate in travertino e da tracce dell’antica
decorazione pittorica della facciata. Al n. 79 c’è Palazzo Medici Clarelli,
detto anche del console di Firenze, realizzato da Antonio da Sangallo il
Giovane nella prima metà del cinquecento. Al n. 66 c’è palazzo Sacchetti
iniziato anch’esso da Sangallo come propria residenza e poi venduto dal figlio
Orazio al cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano. Dopo questo palazzo si
giunge presso la chiesa di Santa Maria del Suffragio, opera seicentesca di
Carlo Rainaldi, era la sede della Arciconfraternita omonima che si occupava
delle opere pie in suffragio dei defunti). Svoltando invia del Gonfalone verso
il lungotevere, al n. 29 si trova l’Oratorio del Gonfalone, legato all’omonima
Confraternita, dedita all’assistenza dei malati e dei bisognosi. Eretto alla
metà del cinquecento sull’antica chiesa di santa Lucia in Xenodochio, il
piccolo edificio conserva all’interno un ciclo pittorico ascrivibile a vari
artisti, che rappresentano un punto nodale del Manierismo a Roma. Si giunge da
qui alle Carceri Nuove al n. 52, commissionate alla metà del seicento da papa
Innocenzo X ad Antonio Del Grande, in sostituzione di quelle di Tor di Nona e
della Corte Savella, fiancheggiate dalla facciata ottocentesca del palazzo
delle Prigioni, opera di Giuseppe Valadier. Dopo l’incorocio con via dei Banchi
Vecchi s’incontra la Casa della Confraternita
delle Piaghe di Cristo, che ingloba la seicentesca chiesa di San Filippo Neri,
restaurata nel 1728 da Filippo Raguzzini, poi al n. 38 si incontra la chiesa di
Santo Spirito dei Napoletani, riedificata dall’omonima confraternita nel 1584
sulle spoglie della chiesa di Sant’Aurea. Dopo il palazzo del Collegio
Spagnolo, al n. 151, si trova la Chiesa di Santa Caterina da Siena, eretta da
Paolo Posi nel 1762. Più avanti c’è uno dei tratti più suggestivi della via
caratterizzato dalla presenza di un arco che unisce palazzo Farnese ai cosiddetti
camerini farnesiani . Prima di giungere nei pressi dell’arco c’è palazzo
Falconieri la cui facciata è opera del Borrimini. Accanto a questo palazzo si
erge la chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte realizzata da Ferdinando Fuga nel 1737. La
confraternita si occupava di dare degna sepoltura ai morti abbandonati e di
suffragarne l’anima con attività di preghiera . Via giulia termina in piazza
San Vincenzo Pallotti che si apre in corrispondenza della struttura quattrocentesca
di Ponte Sisto.
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